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Tristana

Tristana

Tristana / CinemaSpagna 2020

REGIA
Luis Buñuel

SCENEGGIATURA
Luis Buñuel, Julio Alejandro. Dal romanzo di Benito Pérez Galdós

FOTOGRAFIA
José Fernández Aguayo

PRODUZIONE
Época Films, Talia Films

CON
Catherine Deneuve, Fernando Rey, Franco Nero, Lola Gaos, Antonio Casas, Jesús Fernández

ANNO
1970

NAZIONALITÀ
Spagna, Francia, Italia

DURATA
100 min.

PREMI

  • Premi Oscar 1970:
    Nominato come Miglior Film Straniero
  • Cannes Film Festival 1970:
    Sezione Ufficiale

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Tristana

Tristana

La giovane Tristana (Catherine Deneuve), rimasta orfana, viene affidata a Don Lope (Fernando Rey) che l’accoglie in casa come tutore, ma i suoi modi mutano presto: vuol farle da padre e da marito, approfittando della sua fragilità la forza a trasformarsi nella sua amante. La pupilla, pur odiandolo, accetta l’equivoca situazione, finché non s’innamora di un pittore bohémien (Franco Nero). Tristana fugge con lui lasciando Toledo, ma due anni più tardi, ammalata, è costratta a tornare da Don Lope, e a sposarlo… Compendio dei temi classici cari a Buñuel: l’inestricabile groviglio fra il male e il bene nella debolezza della natura umana, l’inutilità di una scelta tra i due opposti poli, la feroce satira del perbenismo borghese. Come sempre, con impeccabile, pungente eleganza.

Clásicos //

Buñuel

L’ambivalenza è regina: in un film dove tutto è il contrario di tutto e ogni personaggio nasconde o esibisce almeno un paio di aspetti della propria personalità, il tema dell’opposizione è quello dominante.
In particolare, emblematica e fondante, è fondamentale l’antitetica specularità esistente tra i personaggi di Don Lope e Tristana: come se fossero appoggiati sui piatti di una bilancia, essi sembrano partire da una condizione di equità che si spariglia e si ribalta col trascorrere del tempo, quando, cioè, dapprima si impongono e poi si invertono i ruoli di vittima e carnefice.

Nonostante l’impianto melodrammatico della storia, Tristana è un thriller psicologico particolarmente morboso che trasuda erotismo sovente deviato, in cui niente, davvero niente, viene mostrato in maniera esplicita (anche i baci sono sempre occultati, in qualche maniera), ma che tratta di grandi perversioni, dalla seduzione di giovinette, alla connivenza clericale e non, al voyeurismo, all’attrazione per creature portatrici di handicap.
Il tono del racconto raggiunge parossismi macabri verso il finale, quando l’odio crescente di Tristana per Lope diventa fisico, oltre che repulsivo (altra dualità), e si traduce nel martellamento continuo delle sue stampelle sul pavimento della vecchia casa, cadenzato, onnipresente, punitivo sia nei confronti del vecchio che dei suoi ipocriti ospiti.

La Deneuve, decisamente poco plausibile nei panni di Tristana adolescente, con tanto di corpose trecce, acquista spessore e luciferina credibilità (è una santa diabolica, letteralmente) dal momento in cui il suo personaggio inizia ad accanirsi su Lope: bella, come un esercito schierato in battaglia (cit.), ha sul volto tracce di trucco pressoché permanente (ombretto violaceo, phard acceso, rossetto vibrante) che ne accentua i tratti e la lucida e tagliente follia dello sguardo.

(nientepopcorn.it)

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