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As duas Irenes

Le due Irene

REGIA
Fabio Meira

CON
Marco Ricca, Suzana Ribeiro, Teuda Bara, Inês Peixoto, Maju Souza, Isabela Torres

ANNO
2017

NAZIONALITÀ
Brasile

DURATA
89 min.

PREMI:

  • Grande prêmio do cinema brasileiro per la miglior sceneggiatura originale

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As duas Irenes

Le due Irene

Irene, tredicenne di buona famiglia, scopre l’esistenza di un’altra Irene, sua coetanea, che vive una realtà meno tradizionale e più aperta e popolare. Diventano amiche, scoprendo di avere in comune più di quanto pensino. Miglior opera prima e Miglior fotografia al festival di Guadalajara, il film rilegge la figura del doppio,
indagando le questioni identitarie più profonde della cultura brasiliana. Ode all’eleganza.

Latinoamericana //

Pare fosse questa la prima volta di un lungometraggio brasiliano a CinemaSpagna, vetrina molto ricca che oltre ai prodotti più interessanti della cinematografia iberica ospita anche, saltuariamente, qualche film proveniente dall’America Latina. E chi al Farnese ha avuto la fortuna di vedere As Duas Irenes non ci avrà impiegato molto a individuare il perché di tale scelta.
Ciò che nel lavoro del cineasta carioca Fabio Meira sorprende è innanzitutto la grande freschezza stilistica. E accanto ad essa la capacità di rendere turbamenti adolescenziali e situazioni famigliari potenzialmente assai drammatiche con insolita levità, facendo quasi accarezzare i personaggi dalla macchina da presa.

Dopo La doppia vita di Veronica del compianto Krzysztof Kieślowski ecco quindi la doppia vita di una Irene adolescente. Ma qui le due Irene di cui vediamo incrociarsi i destini hanno in comune soprattutto il padre, classico macho sudamericano, che ha avuto la sfacciataggine di farsi una doppia vita e due famiglie differenti (quella “ufficiale” più l’amante con relativa figlia, da lui mai presentate in società, cui offre sostegno di nascosto), per giunta a non grande distanza l’una dall’altra. Sicché capita un giorno che la protagonista, tra le figlie pubblicamente riconosciute del turbolento pater familias la più insoddisfatta di un equilibrio famigliare sonnacchioso e dolciastro, scopra per caso l’esistenza della seconda Irene, unica figlia di quell’altra relazione che, oltre a essere praticamente coetanea, ne porta pure lo stesso nome; avendo però in dote un’indole opposta, molto più spensierata e aperta con i ragazzi, come la nostra inquieta tredicenne avrà modo ben presto di scoprire, diventandone amica senza però svelarle la sua identità. Sì, perché pur trattandosi di una rivelazione traumatica ed essendo in principio tentata la ragazza di dare scandalo, gridandolo al mondo, una prima rielaborazione di quel quadro senz’altro morboso le suggerirà invece di conoscere meglio la nuova realtà, di apprendere qualcosa da essa. E da qui si sviluppa un intrigante gioco fatto di pedinamenti, maliziosi sottintesi, verità celate, tentativi di emulazione e sentimenti contorti mai espressi fino in fondo.

Tirando le somme, un Fabio Meira incredibilmente creativo e maturo riesce ad affrescare atmosfere sospese, quasi atemporali, raccontandoci con un tocco lieve non lontano dalla Nouvelle Vague (e dallo stesso Cinéma Nôvo, nelle sue componenti più “tropicali”) sia le asperità e le piccole grandi ipocrisie diffuse in certi contesti famigliari, sia i contorni di un periodo acerbo che trasuda incertezze e pulsioni difficili da controllare. Tra le scene più belle e magiche quelle all’interno di un cinema che pare provenire da un’altra epoca, coi più giovani che vanno lì soprattutto per trescare, per apparire, per darsi i primi baci, per fare e disfare rapporti quanto mai fragili. Un “Nuovo Cinema Irene”, dove le due protagoniste finiscono per specchiarsi nei propri desideri e in quel tremore interno, tipico della loro età.

(Stefano Coccia)

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