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Cinco Lobitos

Cinque lupacchiotti

REGIA
Alauda Ruiz de Azúa

SCENEGGIATURA
Alauda Ruiz de Azúa

FOTOGRAFIA
Jon D. Domínguez (A.E.C.)

MONTAGGIO
Andrés Gil

MUSICA
Aránzazu Calleja

PRODUZIONE
Encanta Films, Sayaka Producciones, Buenapinta Media

CON
Laia Costa, Susi Sánchez, Ramón Barea, Mikel Bustamante

ANNO
2022

NAZIONALITÀ
Spagna

DURATA
104 min.

PREMI

Goya 2023
- Miglior regista esordiente
- Miglior attrice protagonista (Laia Costa)
- Miglior attrice non protagonista (Susi Sánchez)

Premi FEROZ 2023
- Migliori attrici (Laia Costa e Susi Sánchez)
- Miglior sceneggiatura

Premio Forqué 2022
- Miglior attrice protagonista (Laia Costa)

Festival di Malga 2022
- Miglior film
- Miglior attrice ex aequo (Laia Costa e Susi Sánchez)
- Miglior sceneggiatura
- Premio del Pubblico

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Cinco Lobitos

Cinque lupacchiotti

Amaia è appena diventata mamma e si rende conto che non sa proprio esserlo. Quando il suo compagno va via per diverse settimane a causa del suo lavoro, decide di andare a casa dei suoi genitori, in un grazioso villaggio costiero dei Paesi Baschi, e condividere così la responsabilità di prendersi cura del suo bambino. Quello che Amaia non sa è che, anche se adesso è mamma, è pur sempre una figlia.

Fin dal titolo, la regista basca ci ricorda che, così come una ninna nanna si trasmette di generazione in generazione (quella del titolo originale spagnolo è particularmente famosa), si trasmette anche un modo di essere e di agire. Per questo, dopo che buona parte della vita è trascorsa, quando i ruoli si invertono e dobbiamo prenderci cura dei nostri anziani, ognuno si rende conto di quanto sia difficile e faticoso tale lavoro: in quei momenti, il nostro punto di vista precedente e personale da cui osservare – e giudicare – i nostri genitori viene capovolto completamente e definitivamente.

Senza nascondere la sua grande ammirazione per i maestri giapponesi Ozu e Kore-eda, Ruiz de Azúa introduce – come loro – la sua telecamera nella vita quotidiana e domestica, e senza fanfare narrative ma con grande delicatezza, ispeziona i rapporti e le tensioni di due coppie/famiglie, di generazioni diverse: mentre alcune sensazioni ed emozioni vengono gridate, altre vengono sussurrate e la maggior parte vengono intuite.

La Nueva Ola //

Intervista alla regista, Alauda Ruiz de Azúa.

Lei è basca e ha ambientato il suo primo lungometraggio a Bilbao. Quella regione ha una grande tradizione matriarcale, dove le madri hanno potere… o forse superpoteri?
Alauda Ruiz de Azúa: Le madri, da qualunque parte provengano, sembrano sempre avere dei superpoteri, ma sì, è una figura che ho visto nei Paesi Baschi, e poi, quando diventi mamma, finisci anche tu inconsapevolmente nello stesso posto, perché lì c’è un tipo di madre forte, con carattere, che si occupa di tutto e che cura i rapporti affettivi di cura e responsabilità in modo semplice. Tutto questo è nel film: quegli affetti contenuti, tipici del personaggio del nord della Spagna.

È inevitabile chiedersi quanto ci sia di autobiografico nel film o di altre esperienze che ha conosciuto o che le hanno raccontato…
Il seme di Cinco lobitos è autobiografico: sono diventata madre per la prima volta e questa è una specie di crisi, improvvisamente la tua esistenza cambia, diventi un’altra persona e ti assumi un impegno per la vita con un essere molto vulnerabile. Durante quella crisi, quando cercavo rifugio, come sempre, nei libri e nei film, mi mancava una storia; ecco perché il mio lungometraggio è una finzione alimentata da storie vere di amici, amiche e storie mie, il tutto filtrato attraverso la finzione, al fine di esplorare i temi che volevo approfondire.

Il livello di intimità è grande in Cinco lobitos, dal momento che il pubblico si sente dentro le camere da letto dei personaggi, quasi aiutando a cambiare i pannolini…
Che bello da parte sua dire questo! C’è qualcosa di meraviglioso nel cinema: quando ti permette di vedere le persone nella loro intimità come se fossi uno spettatore invisibile, cosa che non possiamo fare nella vita reale, dove al massimo possiamo immaginare cosa succede nelle case degli altri. Invece il cinema permette di essere vicini alle solitudini e a ciò che sta accadendo in una famiglia. La nostra scommessa era fare in modo che la telecamera non fosse invasiva, ma che fosse molto vicina ai personaggi, nella loro intimità. Inoltre, abbiamo lavorato molto con gli attori affinché questa famiglia fosse reale, con le sue abitudini, regole e costumi.

È chiaro nel film che, non importa quanto maturiamo, i nostri genitori continueranno a vederci come bambini…
Sì, quella domanda incombeva sempre su di noi durante il processo di scrittura della sceneggiatura, le prove e le riprese. Quando ti prendi cura di un genitore, il legame è così forte che un commento o uno sguardo possono farti sentire di nuovo un bambino, senti le stesse cose di un tempo. Sono relazioni che ci segnano per sempre e ci spiegano come siamo e che tipo di padri/madri saremo: è bello riconoscerlo, e nel film si fa quel viaggio.

Inoltre, come è stato detto in altri film, finiamo sempre per assomigliare ai nostri genitori.
È una sensazione molto comune quando si sta raggiungendo una certa età e, anche se pensavi di essere molto diverso dai tuoi genitori, all’improvviso ti riconosci nelle cose che hai visto in loro o che ti hanno detto. Fa parte del processo di crescita perdonare i tuoi genitori e capirli di più, perché hai qualcosa di loro dentro.

 

Sottotitoli italiani per cortesia di

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