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El pisito

L’appartamentino

REGIA
Marco Ferreri

CON
José Luis Lopez Vazquez, Mari Carrillo, Concha Lopez, Marco Ferreri

ANNO
1958

NAZIONALITÀ
Spagna/Italia

DURATA
87 min.

PREMI

  • Premio Rivelazione alla Miglior Regia del Circolo di Scrittori Cinematografici di Spagna.

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El pisito

L’appartamentino

Il timido Rodolfo è fidanzato da dodici anni, ma a causa della carenza di alloggi a Madrid, non riesce a sposare la sua Petrita. Seguendo il consiglio della fidanzata, sposa la vecchia proprietaria della pensione dove alloggia, aspettandone la morte e l'eredità. Ma il matrimonio di convenienza si rivela più armonioso del previsto...

Clásicos //

Nasce l’intesa fra Marco Ferreri, emigrato in Spagna per vendere attrezzature di proiezione e lo scrittore Rafael Azcona: un esordio (premiato dalla critica a Locarno) che è solo la prima tappa di una serie di tragicomiche mostruosità del quotidiano e della coppia, raccontate tenendo d’occhio, da un lato, il paradosso e, dall’altro, l’amara realtà sociale. “El pisito” è il piccolo appartamento che fa gola ad una zitella acida e ad un sedicente medico in subaffitto. In mezzo a loro c’è Rodolfo, prototipo del maschio impotente di Ferreri, burattino di se stesso e della donna che lo umilia (o, a volte, si umilia per lui): non sembra molto interessato a metter su famiglia, né ritiene corretto cedere al compromesso per ottenere ciò che non ha, se non in un vagito collerico in cui reclama (di fronte al padrone di casa, Ferreri in persona) il suo diritto di diventare inquilino. Confida al “dottore” che la fidanzata non gli fa più molta gola, ma è incapace di imporsi quando quest’ultima prende le redini del potere e tratta a pesci in faccia i suoi amici. In una scena che anticipa tutti gli abbracci fra Eros e Thanatos che Ferreri porterà sullo schermo, Rodolfo amoreggia con la “strega” ai piedi del letto della morente, avido, pago e schiavo del sesso che lei può offrirle. In un lieto fine all’americana, questa sua debolezza cronica sarebbe scambiata per timidezza, l’antipatica uscirebbe di scena lasciando il posto, magari, alla dolce “accompagnatrice” (con somma gioia della simpatica vecchietta). Ma Ferreri mette subito in chiaro che la sua misoginia non è mai disgiunta dalla condanna dell’uomo senza palle. Maschio e femmina, in siffatto modo, si meritano a vicenda. Intorno a loro si agita un condominio popolare che non si piange addosso come nel Neorealismo né si autocompiace come in una commedia di Eduardo De Filippo. Più è pittoresco, più lascia l’amaro in bocca: vale a dire che l’assurdo sta nel suo essere “realistico”, parte di uno scenario moderno alienante, perfettamente sintetizzato in quel quadro apocalittico in cui i grattacieli sovrastano gli alberelli spogli.

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