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El violín

Il violino

REGIA
Francisco Vargas Quevedo

CON
Don Angel Tavira, Dagoberto Gama, Gerardo Taracena, Mario Garibaldi, Fermín Martínez

ANNO
2005

NAZIONALITÀ
Messico

DURATA
98 min.

  • 2006 - Festival di Cannes
    • Premio Un Certain Regard: Migliore Attore a Ángel Tavira

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El violín

Il violino

Don Plutarco, suo figlio Genaro e suo nipote Lucio conducono una doppia vita: suonatori di strada, appoggiano attivamente il movimento armato dei campesinos contro il governo oppressore. Quando l’esercito invade il loro villaggio costringendoli a scappare abbandonando le munizioni, Don Plutarco, sfruttando il suo aspetto da vecchietto innocuo, metterà in atto un piano per recuperarle conquistando attraverso la musica del suo violino la fiducia del comandante dell’esercito.

Latinoamericana //

Anziano suonatore di violino, Don Plutarco gira accompagnato dal nipotino Lucio e dal figlio Genaro, che è anche uno dei capi della guerriglia campesina. Nel momento in cui i militari occupano il loro villaggio, tutti i ribelli si ritirano tra le montagne in attesa della prossima mossa da fare. A portare loro le munizioni penserà il saggio Plutarco che, andando a suonare ogni giorno per un capitano innamorato della musica, riesce a raggiungere la buca nel terreno in cui sono nascoste.
Storia di un vecchio, di un violino e di una battaglia contro l’oppressione, El violín è un film di puro racconto, l’esordio nel lungometraggio di un regista che desidera intrattenere con una vicenda esemplare, destando l’interesse del pubblico senza cedimento alcuno. Nessun vezzo, nessuna teoria, soltanto la voglia di dare la massima credibilità ad una situazione tipo in cui alcuni uomini ne affliggono degli altri. Non per niente, Francisco Vargas preferisce il bianco e nero al colore, operando una scelta stilistica capace di camuffare nel miglior modo possibile il tempo in cui ha luogo l’azione. Che sia il Messico oppure un qualsiasi altro angolo dell’America del Sud, il nodo centrale rimane quello della necessità di mantenere la propria libertà, valore inalienabile da trasmettere dal più grande al più piccolo come fosse l’unica favola da narrare davanti all’ardere di un fuoco.
Film al plurale maschile, con tre generazioni di uomini a confronto, attrae con la semplicità del linguaggio, con una limpidità d’altri tempi, mediante sequenze di inequivocabile significato: si pensi al momento in cui Don Plutarco acquista una mula da un latifondista che gli dà da firmare, come garanzia, un foglio bianco sul quale soltanto dopo scriverà le sue condizioni; vicino a lui, rimane a guardare Lucio, solo un bambino, ma già in grado di capire l’ingiustizia così come l’importanza di quel coraggio che imparerà a cantare con una chitarra, perché il sacrificio del nonno non sia stato vano. Con un’attenzione particolare alla composizione plastica delle inquadrature, i quadri che mostrano i contadini, donne e bambini, nascosti nella sierra, Vargas compone un canto per tutti gli ultimi, per i contadini senza voce (Plutarco quasi non parla, ascolta, com’è stato abituato a fare da sempre), per chi non ha niente, ma può contare sulla propria dignità.
Accolto all’interno della sezione Un certain regard di Cannes 2006, El violín è la versione, per così dire, estesa di un omonimo cortometraggio di trenta minuti presentato dal regista alla Cinéfondation della precedente edizione del festival.

(MyMovies)

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