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Intemperie

Intemperie

REGIA
Benito Zambrano

CON
Luis Tosar, Jaime López, Luis Callejo, Yoima Valdés

ANNO
2020

NAZIONALITÀ
Spagna - Portogallo

DURATA
103 min.

PREMI:

  • Premio Goya 2020 alla Miglior Sceneggiatura (Benito Zambrano, Pablo e Daniel Remón)
  • Premio Goya 2020 Miglior colonna sonora (Silvia Pérez Cruz)

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Intemperie

Intemperie

Vincitore di due premi Goya 2020 alla Miglior Sceneggiatura (basata sull'omonimo romanzo di Jesús Carrasco) e alla colonna sonora di Silvia Pérez Cruz, il quarto film di Benito Zambrano conserva la ricchezza di un'opera capace di ibridare il western e la denuncia storico-sociale. Protagonista della vicenda è un ragazzino che nella Granada del primo dopoguerra spagnolo, scappa dai campi di lavoro forzato. Braccato, incontrerà la complicità dell'ultimo uomo libero in quelle terre (Luis Tosar), un ex soldato che, nonostante l'orrore della guerra civile, conserva ancora un granello di umanità.

La Nueva Ola //

#Thriller #western #Anni40 #GuerraCivilSpagnola

Benito Zambrano riponde questa intervista per Cineuropa:

“Intemperie” si tratta di una coproduzione con il Portogallo.
Dobbiamo cercare di fare un cinema il più internazionale possibile e la coproduzione è un modo per contribuire all’internazionalizzazione. Inoltre, la coproduzione è necessaria perché costa molto montare il finanziamento di un film in un singolo paese. A me importa soprattutto che il film si apra al pubblico, e questo lo aiuta a spiccare il volo, perché voglio che lo vedano in tutte le parti del mondo.

A proposito di aiuti, “Intemperie”ha ottenuto il supporto dell’ICAA in produzione, e anche il suo nuovo progetto, “Pan de limón con semillas de amapola”, basato sull’omonimo romanzo di Cristina Campos.
Non solo sono felice, ma sarà come un miracolo che io abbia presentato un film a novembre e che abbia iniziato a prepararne un altro a dicembre. Sono un regista e mi piace girare: non mi piace che passino otto anni tra un film e l’altro. Non è qualcosa che mi renda orgoglioso o mi soddisfi, fra l’altro perché non si vive girando film. Dovremo sempre chiedere più aiuto, perché il cinema, tra tutte le industrie, è la meno sovvenzionata: non riceve tanto supporto quanto alcune malelingue dicono se lo confrontiamo con altri settori. Quando ti danno un sussidio, ad esempio, di 300.000 euro in Andalusia, stai portando in quella regione una produzione di tre milioni. Se di questi tre, uno e mezzo – come accade in “Intemperie” – rimane nella regione, con più di cento persone che lavorano durante quella stagione, con le riprese a Granada, risulta che questo sostegno, se non altro in tasse, la Comunità lo ha già recuperato. Così, inoltre, si crea l’industria. Il cinema, come la cultura, non avrà mai abbastanza sostegno, soprattutto se vogliamo essere più competitivi a livello internazionale e generare posti di lavoro.

Inoltre, i film con location spettacolari, come “Intemperie”, aiutano a scoprire luoghi che vale la pena conoscere e visitare.
Ci sono due cose importanti del cinema: una è quella, che fa scoprire alla gente paesaggi e luoghi; e poi raccontiamo le nostre storie: finché lasciamo il cinema in mani internazionali, anche se usano i nostri paesaggi, non racconteranno le nostre storie.

“Intemperie” è quasi un western. “Solas” era un dramma personale. E “La voz dormida” era un film storico. Si sente a suo agio in qualsiasi genere?
Rispetto al genere, una cosa è scriverlo e un’altra cosa è dirigerlo. Potrei non saper scrivere il genere, ma come regista, se la sceneggiatura è buona, posso dirigerlo. Io non saprei girare i film che fanno Amenábar, Almodóvar, Bayona o Álex de la Iglesia, perché ognuno ha i suoi punti di forza. Anche se nel mio caso, che ho fatto molta pubblicità, ho dovuto confrontarmi con molti tipi di genere. L’idea è sempre quella di realizzare un cinema di qualità, che al pubblico piaccia, diverta e che abbia un peso, che non rimanga in superficie: che cerchi di approfondire.

“Intemperie” si svolge durante il dopoguerra e affronta temi gravi.
La storia della Spagna è meravigliosa: l’era arabo-musulmana della penisola iberica, i romani, l’invasione francese e la fine del XIX secolo, con la perdita delle colonie, e poi la repubblica e la guerra civile… questo paese ha una Storia, con la S maiuscola, sebbene sia una storia che ci fa male, triste e in alcuni casi di saccheggi e invasioni. Questo paese non è nato ieri, abbiamo una lunga storia che nel cinema ci darebbe molto da fare. E il dopoguerra è qualcosa che abbiamo vissuto, perché avevo dieci anni quando Franco morì e vengo dalla città, ho lavorato in campagna e conosco il mondo dei capisquadra e delle fattorie. Perché gli anni ‘40-50 di questo paese, dopo la guerra civile, sono stati terribili.

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