La crecida
L'alluvione
REGIA
Ezequiel Erriquez
SCENEGGIATURA
Ezequiel Erriquez
FOTOGRAFIA
Gustavo Schiaffino
MONTAGGIO
Ezequiel Erriquez
MUSICA
Ivan Roy Valenzuela
PRODUZIONE
Rita Cine, Bomba Cine, Insomnia Films
CON
Marianela Campos, Antonio Buttinger, Yrma Da Rosa, Ramón Tauret, Natalia Schmechel, Casimiro Lipowsky
ANNO
2023
NAZIONALITÀ
Argentina
DURATA
116 min.
Premio IILA-Cinema 2023
Miglior Film di finzione
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La crecida
L'alluvione
Panambí, una cittadina al confine tra Argentina e Brasile, è sull'orlo di essere sommersa dal fiume a causa della costruzione di una diga idroelettrica. Questo progetto sta sconvolgendo la tranquilla vita della comunità, costringendo gli abitanti a trasferirsi in un nuovo quartiere periferico, precario e frettolosamente costruito.
La famiglia Zucker, di radici multietniche e tradizionali, si trova in un dilemma: emigrare in Brasile in cerca di un futuro migliore o rimanere vicino alla loro città, dove hanno stretto legami con i vicini. La loro scelta avrà un impatto significativo sulla loro vita e sulla comunità circostante.
Premio IILA //
Il film dialoga tra finzione e documentario. Ho scritto la sceneggiatura basandomi sui dialoghi che ho avuto con diversi residenti della zona riguardo al progetto idroelettrico “Garabí – Panambí” tra Argentina e Brasile. In tutte le storie era presente l’incertezza di non sapere dove sarebbero andati a vivere e la paura di perdere tutto. Ricordo che la prima volta che sono andato a Panambí, dove abbiamo finalmente girato il film, la gente del posto mi ha detto che le loro case sarebbero state 11 metri sott’acqua. Quell’immagine mi ha colpito, ed è così che ho deciso di realizzare “La Crecida”.
Ciò che mi ha interessato fin dall’inizio è come questo contesto, il conto alla rovescia verso l’attivazione della diga e l’allagamento definitivo del luogo, colpisca e colpisca le persone. Non mi interessava mostrare la diga in sé, ma piuttosto ho scelto che fosse fuori campo e che apparisse come qualcosa di ineffabile e sinistro nell’immaginario dei personaggi.
Dopo un po’ tornai sul posto, ma quella volta restai per un anno intero. Lì ho conosciuto quelli che sarebbero stati i protagonisti, un cast composto da gente del posto che non aveva mai recitato prima. Mi interessava filmarli e permettere loro di trasmettere la propria esperienza.
Volevo raccontare questo film dall’interno, dai suoi personaggi, conoscere la loro impotenza e il loro sradicamento. Volevo avvicinarmi ai processi migratori che subiscono questo tipo di comunità, come Panambí. Queste città di confine che sono alla deriva e finiscono per essere terra di nessuno. E soprattutto volevo parlare di come la violenza patriarcale si intromette all’interno di una famiglia in un contesto di abbandono e assenza dello Stato.
Ezequiel Erriquez