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Libertad

Libertà

REGIA
Clara Roquet

SCENEGGIATURA
Claro Roquet

FOTOGRAFIA
Gris Jordana

MONTAGGIO
Ana Pfaff

MUSICA
Paul Tyan

PRODUZIONE
Lastor Media, Avalon Producciones, Bulletproof Cupid

CON
María Morera, Nicolle García, Vicky Peña, Nora Navas, Maria Rodríguez Soto, Carol Hurtado, David Selvas, Òscar Muñoz, Sergi Torrecilla, Mathilde Legrand

ANNO
2021

NAZIONALITÀ
Spagna/Belgio

DURATA
104 min.

PREMI

  • Premio Goya 2022 Miglior Opera Prima
  • Semaine della Critique: Official Selection

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Libertad

Libertà

La quindicenne Nora si prepara a vivere l’ennesima noiosa estate nella casa di famiglia nell’Empordà, la Costa Brava alto-locata. Non gode di grandi compagnie, fino all’arrivo di Libertad, colombiana, coetanea, che sa come si fa con i ragazzi. Ma è figlia della domestica, e la loro amicizia deve restare segreta... Presentato alla Semaine de la critique di Cannes il film, lucido ritratto delle disuguaglianze di classe, si è aggiudicato due Goya 2022 come Miglior opera prima e Miglior attrice non protagonista (Nora Navas).

 

La Nueva Ola //

Cineuropa: È stato un sogno diventato realtà, finalmente, quello di dirigere una delle sue sceneggiature per un lungometraggio?
Clara Roquet:
 Mi considero una sceneggiatrice, per me la regia non era una necessità, ma una conseguenza del voler raccontare una storia che era molto mia, per questo non so se qualcuno estraneo ad essa avrebbe voluto dirigerla. Non ho mai avuto fretta, era una sceneggiatura che ho scritto con il tempo: questo aiuta le storie, che crescono e si solidificano, assumendo complessità. Quando è arrivato il momento di girare il film, ho capito cosa rappresentasse, ma ho pensato che avrei dovuto dirigere da una posizione autorevole e io non sono così, ma durante le riprese dei miei cortometraggi ho scoperto che ognuno può dirigere come vuole, puoi creare il tuo modo di farlo, quello che ti fa sentire a tuo agio: per me consiste nel circondarmi di persone che la pensano allo stesso modo, sentire che è una creazione collettiva, che non deriva dall’autorità, anche se tu e la tua squadra dovete sempre condividere il vostro punto di vista.

Il titolo Libertad va ben oltre il nome proprio della protagonista…
Le domande centrali del film sono: qualcuno è davvero libero se tutto il suo tempo è a disposizione di qualcun altro? Solo chi ha i mezzi per scegliere è veramente libero? O la libertà è qualcosa di più spirituale? Ci sono vari personaggi nel film che cercano di liberarsi, in un modo o nell’altro.

Nel suo corto El adiós (2015) moriva una persona e ci si chiedeva se chi si prendeva cura di lui dovesse partecipare al funerale. Il tema dell’assistenza fornita dagli immigrati è presente nella sua filmografia. Da dove viene questa sua preoccupazione?
Dal vederlo così tanto in giro. Abbiamo messo la cura dei nostri anziani nelle mani di altri, l’abbiamo subdelegata, come è successo con le mie nonne. E, infatti, Libertad nasce con El adiós: quando stavo facendo il casting per il film, stavo cercando attrici non professioniste che fossero badanti e ho fatto domande sulla loro vita; c’era sempre il grande trauma di aver lasciato i propri figli nei paesi di origine per prendersi cura degli altri qui. Quel tema mi ha toccato molto: ho iniziato a indagare e da lì è nato il personaggio di Libertad, questa figlia che arriva dopo non aver visto sua madre per dieci anni, e ho immaginato come sarebbe stato il rapporto tra loro.

Il suo mi ricorda un film brasiliano intitolato È arrivata mia figlia!, di Anna Muylaert.
Sì. Avevo già scritto la sceneggiatura e una mia insegnante della Columbia, la regista argentina Julia Solomonoff, mi disse di vederlo: hanno un profilo diverso, ma mi piacque molto. Entrambi mostrano quel disagio che si genera quando si serve la classe media, borghese, ben pensante e progressista. È molto interessante raccontarlo.

La famiglia sembra essere un’altra delle sue preoccupazioni principali…
Sì, avevo scritto due sceneggiature diverse: una era la storia dell’immigrata che si ricongiunge con sua figlia; l’altra era quella della nonna, la madre e la figlia nella loro ultima estate insieme, con uno stile di vita che non esisterà più se non nei ricordi. Un insegnante della Columbia, Andy Bienen, sceneggiatore di Boys Don’t Cry, che era il mio tutor, mi disse che era la stessa storia e che dovevo metterle insieme: è stata una grande idea ed è così che ho trovato il film, perché nessuno dei due script funzionava di per sé. Sono molto nostalgica e il cinema può congelare qualcosa che cesserà di esistere. Senti che si sta cancellando un ricordo di un certo tempo, di quelle estati di splendore della Costa Brava degli anni Sessanta e Settanta: per questo ho voluto che quell’atmosfera apparisse in Libertad.

Un’estate dove ci sono rumori di sottofondo che ne disturbano la pace idilliaca.
Sì, per me quel naturalismo era importante, che qualcosa andasse storto quando hai grandi aspettative. La vita è questo: a volte c’è qualcosa che non va sotto l’apparente perfezione.

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